25 feb 2014

Drox Operative: Minestrone spaziale.


Adoro gli hack'n Slash e ho avuto la fortuna di vederli nascere, con il primo Diablo (che ha inventato il genere, prima si chiamavo semplicemente Arcade) sino al contestato e borbottato Diablo 3, passando per i vari Darkstone (chi e lo ricorda?), Titan Quest, Torchlight, i primi Dungeon Siege. Amo le battaglie caotiche che si concludono con la caduta di tesori e monete a cascata. Cosi, quando ho visto qualche video di alcuni volenterosi che descrivevano questo titolo come;"Diablo nello spazio" ho aperto steam, caricato la pagina di Drox Operative e l'ho infilato nel carrello.
Nei primi minuti di gioco possono, effettivamente, configurare come un action-game spaziale, figlio di un altro migliaio di titoli, con l'evidente tendenza all'action. come dicevo prima; battaglie caotiche che culminano con cascate di soldi e oggetti. La faccia del gioco muta immediatamente quando arriva la gestione della relazione con altre razze; un'alleanza è utile perché può darvi quest da portare a termine, ricompense e soldi. Un pizzico di Galactic Civilization tra un massacro e l'altro.
Gestione che, limitato dal controllo di una esile e poi sempre più massiccia astronave risulta ridicolo. Aiuti altre razze a evolverti, a conquistare pianeti. Loro diventano i padroni della galassia a noi lasciano il lavoro sporco, girando tra settore in settori come dei postini. Abbiamo anche la libertà di dichiarare guerra a tutti e cancellare ogni razza dalla faccia della galassia, per sempre, ma non troveremo più un negozio per vedere la nostra roba. La gestione delle alleanze è una caratteristica che vive in simbiosi con l'action puro, facendoci a pugni.
Come al solito l'idea c'è tutta ma si è voluto cercare di fare un nuovo genere, miscelandone troppi.
Peccato.

21 feb 2014

8 Grandi dilemmi attorno agli Ebook Reader

Lettori di inchiostro digitale
Sono sempre stato affascinato dalla tecnologia, precisamente verso i computer e l'informatica. La mia curiosità è diventata ancora più accesa, quando si è iniziato a parlare dell'E-ink e dal giorno in cui qualcuno ha iniziato a pensare che, la carta come veicolo per il trasporto di parole, stava diventando vecchia. Quando ho visto il primo lettore di libri E-ink, nominato in gergo Ebook Reader, venduto in uno shop online in italia (no, Amazon in quegli anni non distribuiva il Kindle ancora nel nostro bel paese) non ho resistito a comprarlo. Un pò perchè leggo qualche libro all'anno e un catturato da questa nuova tecnologia, ho avuto per le mani uno strumento che, nel mio intimo, pensavo avesse il potere di cambiare il mondo dell'editoria e non solo. Ci avevo azzeccato. In questi ultimi anni gli Ebook Reader, certo, non sono sulla bocca di tutti, ma chi legge libri conosce di cosa sto parlando e lentamente stanno conquistando l'attenzione del popolo. Molto però, sono ancora i dubbi che orbitano attorno a questa nuova tecnologia di schermi passivi che, purtroppo, è stata "rallentata" dall'uscita dei vari tablet. In questo articolo cercherò di dipanare ogni incertezza attorno al mondo degli Ebook-Reader in alcuni pensieri che sono soliti formarsi nella mente di chi non conosce ancora questa tecnologia:
"Come si fa a leggere il libro su questo affare elettronico, vuoi mettere il profumo della carta di un buon libro?"
- Se compri un libro per annusare il profumo della sua carta, si spiega il motivo di come scrittori del calibro di Fabio Volo riescano a vendere tante copie.
"Per leggere un Ebook ci vuole corrente...se per caso, il mondo, dovesse esaurire tutte le scorte di petrolio e rimanere senza corrente?"
- In questo caso, allora, useremo i libri di carta per scaldarci nei lungi e rigidi inverni, privi di un riscaldamento adeguato, e davanti al falò in salotto improvvisato con vecchi classici e nuovi best-seller che crepitano avvolti dalle fiamme, potremo continuare a leggere indisturbati sul nostro Ebook Reader, almeno finché dura la batteria. Una domanda del genere in bocca a una generazione di persone, dipendente dagli smartphone è quantomai paradossale.
"Io non riuscirò mai a leggere un libro su un Ebook Reader"
- Non ti preoccupare, tuo figlio ci riuscirà benissimo. Come tutte le altre tecnologie che non riesci a utilizzare, le generazioni future le faranno loro elevandole sul podio del necessario. Lo stesso figlio piccolo che, oggi, tocca la foto sul giornale per ingrandirla, cosi come lo vede fare al Papà sull'Ipad, quando sarà grande, sicuramente, studierà sugli Ebook, scriverà sugli Ebook. Ammesso che non arrivi una nuova tecnologia che li rimpiazzi, ma in questo caso, la carta si sarà già dimenticata.
"La carta è ancora il miglior strumento per preservare la nostra storia"
- Su questo, inizio ad avere i miei dubbi. In ogni caso, il metodo di archiviazione cartaceo in un futuro andrà sicuramente infilato in qualche server condiviso, magari al mondo intero. Almeno i dati sembrano più al sicuro dentro qualche migliaio di hardisk, piuttosto in un supporto facilmente infiammabile.
Poi cosa serve preservare la nostra storia, se continuiamo a cagarci sopra.
"Dopo qualche ora di lettura sul mio Ipad, mi viene mal di testa"
- L'IPAD NON E' UN EBOOK READER ma solamente un display 10 pollici a cristalli liquidi retroilluminato. E' perfetto per giocare, per guardare le foto, guardare i film (contenti voi). Leggere un libro sul Tablet, equivale a leggere un codice a barre stampato sul culo del Sole. Ditemi voi poi se non vi viene mal di testa.
"Gli Ebook Reader sono scomodi da tenere in mano"
- Perchè "It" di Stephen King, La trilogia del "Il Signore degli Anelli"o altri tomi con più di 1000 pagine si leggono con una mano, basta qualche ora di palestra al giorno.
"Comprare un Ebook online si perde il contatto con la gente"
- Vuoi mettere entrare in una libreria, con le commesse sempre affaccendate a mettere in ordine libri, che non alzano mai lo sguardo. Chiedere loro se hanno in vendita un autore Slovacco/Ucraino che leggiamo solo noi e venire accolti con una risposta negativa, seguita da un'espressione finta-gioviale che significa:"Tanto so già che non compri un cazzo".
Proprio un peccato perdere queste esperienze.
"Gli Ebook Reader faranno fallire librerie e edicole"
-
Niente di più vero, cosi come altri centinaia di mestieri si sono persi o si sono evoluti, con l'arrivo di nuove tecnologie. Ad esempio, molti Postini hanno perso il lavoro; pensate forse che le persone tornino nuovamente a spedire lettere, invece che Email, per preservare milioni di posti di lavoro?
Non lo faranno certo, le comodità per le persone sono irrinunciabili e non c'è causa umanitaria che tenga.

19 feb 2014

Quel bar in centro.

Lele è una persona che si lamenta sempre. Casa sua è invasa da una moglie, alcune volte troppo amorevole, alcune volte troppo scontrosa e da un figlio, ancora troppo piccolo per mandarlo affanculo. Il primo pensiero nella sua testa, quando apre gli occhi la mattina, va alla sua vita e a quando sia ingiusta. Lui voleva diventare Avvocato, che guadagnano tanto, magari Notaio, che guadagnano ancora di più stando seduti, o anche Architetto, che guadagnano scarabocchiando un foglio bianco. Certo a scuola non si è mai impegnato e la sua materia preferita era quella trattata durante l'intervallo, quando assieme ai suoi compagni di banco, giocavano a pallone sul cortile della scuola.
Lele ha l'abitudine di scendere nel suo bar preferito, l'unico da lui frequentato, infilato in uno dei tanti "carruggi" della sua città: Gevona. Prende un caffè prima di buttarsi nel lavoro e scambia quattro chiacchiere con il titolare dietro il bancone, oramai diventato amico. Dopo i saluti, partono una sfilata di critiche verso questa o quell'altra squadra e una serie in interminabili lamentele contro la politica, dove son tutti ladri, la televisione con centinaia di canali ma niente da guardare e i film, che una volta erano tutti belli.
"Sai Lele la prossima settimana chiudo, troppe Tasse".  - Annuncia il barista, porgendogli un caffè caldo - "Ho qualcosa da parte e per qualche mese mi guarderò attorno, poi troverò un altro lavoro"
La notizia prende Lele, come un pugno nello stomaco - "Come chiudi? E il bar, che fine farà?"
"L'ho venduto a un tizio di Milano, dice che vuole rifarlo da zero e cambiargli nome"
"Proprio a un ciuccia- nebbia dovevi darlo via? Non ci sono già abbastanza gabibbi a Genova?" Lele digerisce  la notizia aggiungendo nel suo caffè una bustina di zucchero e una manciata di lamenti, principalmente diretti verso il capoluogo lombardo, il Governo ladro e il caffè che non sarà più buono come lo faceva il suo amico.
In quel momento entra un uomo, vestito bene, diciamo meglio della clientela media del posto, si avvicina al barista e lo saluta:"Il Roberto è pronto ad andare in pensione?"
Uno sguardo di Roberto a Lele gli suggerisce che quell'uomo dall'accento strano, sarà il prossimo proprietario.
"Va che l'hai venduto alla persona giusta!, vedrai che rivoluzione, nel giro di due settimane, taaaaac, questa situation lo ribaltiamo e diventerà un Concep Bar con il target più alto!" - Esclama l'uomo  sventolando entrambe le braccia -"Sarà il primo Concept Bar a Genova!"
Già a Lele, questo Milanese non andava a genio, solo per l'aria che ha spostato entrando. Ora che aveva emanato questa sentenza, l'antipatia era al terzo posto, mentre sul podio saliva il disprezzo. Dopo una giornata di lavoro, Lele torna a casa ripensando al Bar, al Milanese e alla sua Genova diventata una puttana al servizio degli stranieri. Spiega la situazione alla povera moglie, mentre questa è intenta a ingerire la sua minestra fredda:"Questo Gabibbo arriva bello, bello dalla Milano, dove si dice ci sia lavoro e soldi che girano e viene a rompere il Belino qui, facendo lo splendido. Io nel suo bar di merda non ci metterò mai piede! Che torni a Milano a farsi i suoi Target!" Per fortuna che questo lamento non si dilungò più di tre ore, lasciando alla moglie il piacere di gustarsi un pezzo di:"Chi l'ha visto?" prima che il marito iniziasse con il secondo tempo dei suoi improperi, verso il Duomo:"Questo può comprare anche tutti i bar del quartiere, ma io piuttosto che entrare, mi faccio il caffè a casa, hai capito Marta?" ma Marta pensava ad altro e si immaginava come protagonista del programma Rai che stava cercando di vedere.
Passano quattordici giorni esatti e Genova ha il suo Concept Bar; nuovo, luminoso e con un acquario al posto della vecchia televisione. Il primo giorno di apertura tanta curiosità e molte persone transitano dentro il locale, mentre seduto nei posti sul bancone una persona sorseggia, solitaria, un caffè.
Il posto è gradevole e il caffè lo fanno buono, ma questo Lele, non lo ammetterà mai.

17 feb 2014

La tedesca.

Nel mio paese vive di una certa età.
Vive da sola assieme a un cane. Tanti anni fa è partita dalla Germania farsi una vacanza in liguria. Si innamorò del posto, del mare e del clima e di un bagnino. Si sposarono e misero su famiglia. Divenne Mamma, quindi nonna, poi pensionata e quindi vedova. In giro si sa poco di lei, quando esce non si allontana mai dal suo quartiere, colpa forse delle sue gambe che, con l'età, le impediscono di correre per un centinaio di chilometrio. Ha un nome che è difficile da ripetere e un cognome ancora più complesso, se pronunciato, fa compiere alla bocca quei gargarismi che, di solito, si fanno quando si usa il toscerolo. Per questo in paese la conoscono tutti come:"La Tedesca".
Ogni sera va sempre a letto alla stessa ora, alle ventidue e dieci virgola due dopo aver contato le stelle una a una, per vedere se erano ancora nel punto esatto in cui le aveva osservate la sera prima.
Non ha bisogno di sveglia per alzarsi; il suo cane, preciso esattamente come la sua padrona, quando scoccano le sei di mattino precise, emette un unico e cadenzato verso.
"BAU!"
La Tedesca si sveglia senza sbadigliare, essere pensionati non è un buon motivo per poltrire. Scende dal letto, si veste e fa colazione con Krauti e maionese.
Prende il guinzaglio, lo lega al cane a cui è stato dato un nome tedesco impronunciabile, quindi è conosciuto come Il Bassotto, ed esce di casa. Il sole non è ancora completamente alzato e La tedesca inizia la sua ronda mattiniera. Passa un furgone con a bordo un Artigiano dotato di due occhi da sonno, il mezzo va lento e assonnato come il pilota, la Tedesca lo fulmina con un sguardo severo che traducendolo in parole, significherebbe:"Io alla tua età, avevo già iniziato a lavorare da due ore dopo due chilometri di corsa". Il mondo è un posto pieno di persone pigre, ma si può ancora correggere.
La posta apre alle 9 e La Tedesca è la prima a entrare, saluta la commessa con un risoluto:"Buonciorno!" e infila oltre un vetro opaco, il bollettino per pagare la luce. Sono 46,50 euro e l'anziana paga in monetine da cinquanta centesimi, annunciandole una per volta, come si fa con i numeri della tombola.
Torna a casa con la stessa andatura con cui è uscita; cadenzata. Da un occhiata alla guida Tv e accende la televisione. Nota che ci sono alcune imprecisioni nell'elenco delle trasmissioni e si prende una nota mentale, il cervello le funziona ancora benissimo e, se potesse correre, potrebbe andare alle olimpiadi e vincere.
A mezzogiorno si concede un pasto che ha imparato ad apprezzare nella suo quarto di vita passato in Italia; una bella pasta al dente. La cottura è rigorosa, per sapere quando buttare la pasta c'è un tempo esatto, che viene segnalato da Il Bassotto.
"BAU!" e tira fuori lo scolapasta.
E' dura la vita solitaria di una persona abituata da sempre a stare con qualcuno, ma il pomeriggio passa ugualmente; c'è la figlia che la va a trovare, alcuni conoscenti che vengono a parlare con lei del tempo, che riesce a prevedere meglio del Meteo locale, grazie alle sue ossa meteopatiche. E tra un analisi, una critica e una chiacchierata con Il Bassotto, arriva la sera, all'ora esatta in cui deve arrivare.
Non è molto movimentata la vita della Tedesca, ma ha ancora qualcosa da dire, qualcosa da vedere. I quiz le piacciono molto, impara molto dalle domande e dalle risposte. In questo momento ce ne uno in diretta, sulla Rai. Un abbronzato conduttore annuncia una domanda a un concorrente disinvolto:"Cos'è la Wascke per un Italiano?". Il ragazzo a cui è stata rivolta il quesito, davanti a uno schermo con su scritto le tre risposte da scegliere, inizia una titubante spiegazione che precede la scelta, che in questo caso è:"Lavanderia", però lui a preso a caso. Alla Tedesca però non le è piaciuto come è stata pronunciata la domanda. Si alza con fatica dalla poltrona, prende il telefono dalla credenza, alza la cornetta e compone il numero della Rai, che conosce a memoria dal 1982, da quando l'ha usato per partecipare a un concorso abbinato alla lotteria Italia, senza aver mai preso la linea.
Le risponde un'operatrice, che vorrebbe metterla in attesa, ma l'insistente voce dall'accento tedesco e dalla cadenza contrariata, la costringe a dirottare la chiamata in diretta. La voce dell'anziana rimbomba nell'intero studio, mutando il volto del conduttore in un irritato cipiglio:
"La pronuncia exatta è Wäsche! e non Wascke!, ha kapito?"
Il lampadato conduttore guarda in camera, si concede qualche secondo di vergogna e inclinando la testa in avanti pronuncia un impercettibile:"mi scusi tanto..."
"Che non akkada più! Buonasera!"
L'anziana appoggia la cornetta e ritorna sulla poltrona, mentre il quiz prosegue come se nulla fosse, anche se viene cambiata la domanda.
Arrivano le ventidue e dieci virgola due e per la Tedesca è arrivato il momento di andare a dormire.
Gute Nacht! - esclama, prima di addormentarsi
"BAU!" - risponde Il Bassotto.

16 feb 2014

Monuments Men

Questo è il titolo se non si è capito
In un sabato come altri, abbracciato da una debole pioggia, mi sono diretto al cinema con amici a vedere un film casuale. Appena entrati nella sala abbiamo capito subito che il titolo aveva un certo richiamo tra il pubblico, perché mancavano pochi posti liberi in sala. Ci siamo intrufolati alla prima cassa e la donna dietro il vetro di annuncia, con una vocina tipica delle casse automatiche nelle uscite dell'autostrada, che la fila centrale (che scelgo tipicamente per gustarmi il film, credo, assieme a altri milioni di spettatori) è disponibile unicamente in quarta fila, mentre in quinta fila dovevamo stare in posti laterale. Abbiamo scelto la quarta fila con sicurezza, abbiamo pagato e dopo aver speso qualche spicciolo in bibite e leccornie che si dimenticano di aver mangiato durante il film, siamo entrati giusto in tempo per vedere la pubblicità, in quarta fila laterale...
Non sapevo assolutamente niente di questo film, a parte il nome e la presenza di Bill Murray, Giorge Clooney, Matt Demon (anche qui armato con il suo sopracciglio ribelle) e Jhon Goodman. Immerso in questa mia innocente ignoranza, poso la giacca sulle mie gambe e aspetto che lo schermo venga inondato di colori.
La trama viene svelata in pochi secondi dall'inizio della pellicola, vicina a Bastardi senza Gloria e Operazione Valchiria, ma con una punta di ironia e due gocce di arroganza. In breve, catturata direttamente da Wikipedia è questa: "Un plotone dell'esercito americano, composto da critici ed esperti d'arte, direttori di musei, ed elementi simili durante la seconda guerra mondiale, ha il compito di cercare e recuperare ogni opera d'arte rubata dai nazisti, per poterle riportare negli Stati Uniti d'America e salvarle dalla volontà di distruggerle di Adolf Hitler"
Lo scenario è la seconda guerra mondiale, ma verso il suo epilogo, per questo motivo Monuments Men ha molto il sapore di una commedia e anche se non mancano le scene drammatiche, in proporzione non dominano sulla pellicola, cosi come le scene d'azione, praticamente ineesistenti. L'attenzione orbita attorno alla passione per l'arte dei protagonisti, che sono pronti a sacrificare la propria vita per recuperare tutte le opere d'arte trafugate dai tedeschi. Non sono guerrafondai, ma devoti verso un credo superiore che vive dentro quadri e statue e li catapulta nel conflitto, inizialmente come testimoni di una spietata guerra che non risparmia solamente le persone, ma anche libri e opere d'arte, poi inevitabilmente coinvolti in una guerra dai risvolti sempre più inquietanti.
Gli ingredienti per un buon film ci sono tutti e basta miscelarli come si deve, assieme agli attori. Infatti il film non funziona. Oppure fa parzialmente il suo lavoro.
Nelle quasi due ore di proiezioni ho visto un Quasi film; è un film sulla guerra, quasi, perché i tedeschi sono in rotta e fuggono cercando di salvarsi la pelle e bruciare le opere d'arte. E' una commedia quasi ironica, perché molti dialoghi sono noiosi e frammentari. E' quasi un film d'azione, perché i conflitti si vedono poco e se iniziano, sfumano sacrificati per un altra scena. E' un film quasi documentario, ma i riscontri con la vicenda, che sembra essere accaduta veramente, sono pochi e nascosti nei risvolti della trama.
Billy Murray che mi aspettavo di vedere più vivace, in questo film si limita a guadare il pubblico con il suo volto ironico e beffardo, che non ha bisogno di commenti, ma è saldato una figura che, assieme agli altri attori, è ridotto quasi a comparsa. Decisamente più in vista il ruolo di Matt Demon, che si contende la scena assieme a Clooney e a Glen Cloose. Quest'ultima attrice, finalmente, lascia quell'espressione da elfo strafatto, vista nel Signore degli Anelli e in Lo Hobbit, per una parte impegnata che la rende una delle migliori nel suo ruolo, del cast di questo film.
Uno dei maggiori difetti di questo film è che costruisce dei personaggi negativi, li fa odiare al pubblico, promette di renderli antagonisti di eccellenza e poi, con naturalezza, li fa sparire senza fatica, oppure dimenticare, sconfitti e battuti in partenza dalla bandiera Americana. Una vittoria a tutto campo senza sparare mai un colpo d'arma da fuoco.
Clooney voleva ricordare un manipolo di uomini in una caccia al tesoro senza precedenti e ci è riuscito, ma questa storia si dimenticherà presto, perché il suo quasi film non ha quella forza per lasciarla impressa nella nostra memoria.
Quando esco dal cinema, sopravvive alla visione una domanda, che penso sia l'unica si formi in ogni esseri umano dopo aver visto Monuments Men: Valeva la pena il sacrificio di persone e risorse per salvare tutte quelle opere d'arte?
Non sono adeguatamente istruito per rispondere a questo domanda, per questo mi limito a pensare che; se diamo la stessa importanza si alle persone, cosi come alle opere del passato, troveremo un giusto compromesso per non sacrificarli entrambi.
Comunque è più sopportabile la presenza di un vecchio quadro, piuttosto di un vecchio uomo che mangia, beve, dorme e disturba i cantieri sciorinando il suo passato glorioso.

11 feb 2014

Batti il ferro finchè è Ironman.

cinecomics-a2_img2012
In genere si inizia con una storia. Un personaggio fa la sua apparizione al pubblico, si fa conoscere con lo svilupparsi della trama, si scoprono alcuni suoi segreti, il suo modo di comportarsi, le sue origini, quindi la storia si evolve verso eventi inaspettati, forse crudi, forse moderati, forse noiosi e nelle nostre menti il personaggio inizia a intrufolarsi, prendendo posto nel nostro reparto immaginazione. Passano gli anni e noi cresciamo, il personaggio no. Continua a prosperare nel nostro mondo rimanendo con lo stesso aspetto in cui lo abbiamo conosciuto. Oramai fa parte della famiglia, non quella di sangue con cui conviviamo o interagiamo nella nostra vita, ma quella provocata da un affetto nato da semplice simpatia. Il personaggio continua a vivere, non solo nella nostra mente, ma anche sulle pagine del libro in cui lo abbiamo letto, magari sul grande schermo, forse in televisione, continua con le sue avventure a impressionarci, o a tentare di impressionarci nuovamente. E, la curiosità, che ci ha spinto a seguirlo sino a epiloghi inaspettati, muta in un attaccamento, che in alcuni casi diventa morboso, in altri semplice amicizia, in altri diventa odio.
E' il destino di quei protagonisti che affollano il quotidiano immaginario, divenuto collettivo. Non sono più una motivazione a creare un brand per fare altri soldi, ma un dovere verso i produttori, di film, cinema e quant'altro a dare al pubblico la compagnia di eroi divenuti immortali. Ricordo i film di Nightmare, dove il protagonista iniziava come serial-killer con uno specifico scopo e proseguiva nei film successivi diventando un assassino del sonno. Piaceva ai giovani e portavano il suo volto scarnificato sulle magliette (Ho visto anche T-Shirt di Freddy Krueger artigliare il volto giovane di Jovannotti, gli anni del suo esordio con "Gimme Five") era un cattivo eroe che funzionava, la sua carriera era cosi fulgida che, un giorno, senza che il pubblico potesse accorgersene è diventato un simpatico pupazzetto, che non faceva ne paura e neanche ridere, un pagliaccio che si sventolava davanti al pubblico, che era contento solamente nel rivederlo. Altro destino è successo a Jason di Venerdi 13 (la punta di ridicolo l'ha toccata con Jason X, a mio avviso), Chucky La Bambola Assassina, Indiana Jones (prima o poi scriverò anche il perchè) e chissà quanti altri personaggi.
E' normale sfruttare un brand finché funziona, è sempre stato fatto e si continuerà a fare, non per niente si dice ancora oggi:"Squadra che vince, non si cambia" anche i giapponesi con i loro Manga, si stanno avvicinando alla filosofia del Comics americano. Eroi che si innestano nelle menti dei giovani, e non, prendono residenza sul mercato e non lasciano mai la scena, sopravvivendo alla morte del loro creatore, alle crisi, ai presidenti, ai cambi di moda, ai saldi.  Un mondo di immaginazione con confini delineati meglio dei nostri. Provvisto di regioni, galassie, città, continenti, Gotham City, mondi inter-dimensionali accuratamente accatastati e con il marchio registrato. Paradosso nel paradosso, la fantasia infinita deve avere una buona squadra di avvocati per inventare qualcosa di nuovo; somiglierà sicuramente a qualcosa di già visto.
Incredibile a dirsi, ma questo mondo fantastico sta diventando noioso, quanto il nostro quartiere.

9 feb 2014

5 Luoghi dove trovare la felicità.

E' uno stato mentale che appare nella nostra vita improvvisamente, non ci sono segnali che possono avvertire quando si avvicina o quando è pronto a coglierci nella nostra quotidianità. Esattamente come le disgrazie, la felicità piomba dall'alto e ci fulmina in istanti unici, illuminando il mondo attorno a noi, con colori nuovi e rendendo questo strano mondo, un luogo più vivibile. L'incantesimo poi svanisce e torniamo quelli di prima, pronti a sfanculare il tizio che non parte con il verde e a rimproverare la moglie se passa davanti lo schermo, quando c'è la partita.
Non ci sono regole fisse per ottenerla, e l'intero meccanismo pare sembra affidato al caso, ma io ho trovato alcuni luoghi dove moltissime persone, la trovano ogni giorno, illuminandoli di gioia, o almeno è quello che sembra.
Sono elencati qui di seguito, appena conosciuti, che aspettate? andate anche voi a prenderla, prima che scappi!
Televisione:
Non dovete smontare la Tv e cercarla li dentro, non serve. Poi al giorno d'oggi non si levano quattro viti per aprire un Lcd da svariati pollici, è quasi più facile entrare a fort-knox che smontare l'involucro. I buoni vecchi tubi catodici erano, si più pericolosi, ma più facili da aprire. La felicità non è nascosta tra diodi, circuiti stampati o led colorati ma nelle frequenze. Un numero elevato di canali trasmette gioia ventiquattro ore su ventiquattro; lo fanno quei programmi che seguono la vita di chi è costretto a recuperare le auto con pagamenti insoluti e lo fa arrivando di soppiatto, caricandola sul carro attrezzi e insultando l'ex-proprietario che sembra essere all'oscuro del debito. Sprizza gioia da tutti i pori quel cuoco Inglese, che cerca di aiutare i titolari dei Ristoranti che hanno problemi, entrando con arroganza, assaggiando i piatti, insultando lo Chef e poi ristrutturando il locale a spese di chi, non si sa. Che grande altruismo. Quanta felicità contengono quei quiz, in cui i concorrenti sciorinano tutta la loro vita, le loro passioni, i loro parenti, per poi sparire dopo la prima domanda, scegliendo la risposta sbagliata, delle due disponibili.
I telegiornali riassumono tutta la brutalità del mondo, ma riescono a renderci felici con un unico servizio, che annuncia il ritrovamento di quel povero cane, disperso da giorni nel parco pubblico, poverino. L'hanno ritrovato ingrassato di due chili, ma con il pelo sporco. Come avrebbe mai fatto a sopravvivere, cosi sporco?
Lo stadio:
Uno sport popolato di eroi non è uno sport. Figure cosi importanti che possono migliorare non solo l'Italia, ma il pianeta. Quando ci sono i mondiali, si intende.
Quanta felicità può contenere un tiro verso la porta?, meglio se insacca la rete. Tantissima! Non importa come si gioca la partita e fanculo le regole, vincere a tutti i costi e quello che ogni essere umano dovrebbe ambire, più elevata di qualsiasi altra cosa. I protagonisti del calcio, unico e vero sport, se portano la propria squadra alla vittoria, hanno il sacrosanto diritto di eccellere in altre attività e, sopratutto, scrivere libri. Una partita in cui la propria squadra perde è tempo perso, come guardare un film dove non succede assolutamente nulla, mentre, vederla trionfare è puro tripudio. Gli avversari sono un ostacolo per ottenere quel tipo di felicità, che anche il calcio può dare.
Tabaccheria:
Entri in questo fantastico posto che già vende le sigarette, compagne necessarie per affrontare la vita e compri un Gratta e Vinci. Dietro quella patina dorata che ricopre dei magici numeri hai la possibilità di raggiungere vette di felicità mai provate prima. La gioia dei miliardi che puoi vincere è ineguagliabile. La televisione (altro magico posto) continua a annunciare vincite miliardarie, ogni giorno, con orgoglio. Il sistema funziona e può aiutare tante persone  in difficoltà, bastano pochi euro e un unghia. Le combinazioni sono poche, una semplice sequenza di numeri, che può uscire con falicità, basta fare due calcoli. Si gratta via la vernice e si scopre con rammarico di non aver vinto, siamo sicuramente tra i pochi sfortunati e nasce del rammarico, non siamo degni di essere italiani. Per questo si compra un altro biglietto e, anche solo guardandolo con le sue premesse stampate in caratteri d'oro, ecco la felicità che ritorna, pronta a essere grattata.
Non serve vincere per ottenerla, è il brivido dell'azzardo.

Località Balneare:
Nessuna nello specifico, ne basta una a caso, l'importante è che ci sia il mare. Ancora più importante è definire una data precisa in cui partire, prendere le ferie e quindi dirigersi con sicurezza. Non importa sia nel pieno di Agosto, quando altri milioni di persone sono dirette allo stesso posto, provocando una coda lunga anni luce, l'importante è arrivare. Quando si entra nell'hotel o anche nella seconda casa oppure una casa affittata, bisogna iniziare a gioire. Tra i granelli di sabbia vicino al mare. sdraiati a prendere tutti i raggi solari irradiati attraverso l'atmosfera, nelle profondità del mare, tra le forme illuminate delle ragazze; la felicità dev'essere li da qualche parte, se cercate a fondo la troverete. La pioggia, la mancanza di parcheggi, il proprio ristorante preferito chiuso, le meduse, sono nemici di questa gioia che terminerà improvvisamente, lasciandovi solamente la forza per ritornare a casa, ovviamente fermi in coda.

Applestore:
Luoghi immersi in un innaturale candore, dove dispositivi nati per renderci migliori posano su ripiani, illuminati da una luce divina. Persone affabili e gentili popolano questo magico luogo, se qualcuno non ha idea di come possa presentarsi il paradiso, può entrare in un Apple Store e farsene un'idea. Una volta entrati, tra gli applausi dei divini commessi, la felicità si può comprare a un insignificante prezzo. Inutile provarla prima sui banchi immacolati, sappiamo già quanta gioia proveremo a toccare quegli schermi, ad accendere quei computer; quello che ci separa dell'infinito tripudio è un gesto, con in mano una carta di credito. Amare l'umanità e trovarsi ispirati in questo posto è molto facile, specialmente con qualche ora di coda alle spalle.
Potremo anche condividerlo sui social network, una volta che uno di questi felicità digitale, poserà inutilizzato sul nostro divano.

7 feb 2014

Capitano Harloch, sei tu?

Gli anni 80 sono un esauribile fonte di idee per chi lavora al cinema.
Non sono le idee che mancano e neanche la creatività, alcune pellicole lo dimostrano (Gravity è un esempio), ma quella formula magica che riesce a staccare dalla poltrona di casa i culi del popolo e li  trascina al cinema. Questo sin-sala-bin arcano si può chiamare:"Popolarità" oppure:"Hype" che viene generate da una fama avuta in passato, di una determinata serie. Non impegnarsi troppo nella ricerca di qualcosa di nuovo o cinematograficamente valido, ma sfruttare e riverniciare vecchi eroi. Come sta succedendo in questi giorni con "Robocop", tornato nelle sale dopo qualche decennio di assenza (dopo Robocop 3, poteva anche non tornare) Capitan Harloch è uscito dal limbo degli anni 80 in cui era intrappolato, per una conversione sul grande schermo, in treddì, con un lungometraggio in computer grafica. Un desiderio da anni sognato da molti uomini, cresciuti in quegli anni, tra cartoni animati giapponesi e cartoni animati giapponesi animati male.
Harloch era un personaggio carismatico, affascinava la sua vita ribelle, il suo messaggio di libertà, era oscuro quanto enigmatico e, quello che piaceva tanto ai bambini di quel tempo, aveva un'astronave cazzuta, con la bandiera da pirata che, inspiegabilmente, sventolava nel vuoto siderale. Un uomo dai sani principi, con un amore mai dichiarato verso ogni forma di vita, anche la più insignificante; vinceva tutte le sue battaglie e sapeva scegliere i collaboratori al suo fianco, benchè fossero tutti deformi e con la tendenza ad alzare il gomito. Quando la nave traballava, percossa dai colpi del nemico, tutto il suo equipaggio cadeva urlando, perdendo l'equilibrio, ma lui no.
Lui rimaneva in piedi e osservava l'avversario con il suo unico occhio, pensando la sua prossima strategia.
Immagini e personaggi che non si possono cancellare dalla mente, di chi le ha vissute in quei tempi, davanti uno schermo curvo, tempestato da scariche statiche.
Portare oggi Harloch al cinema vuol dire adattarlo per il  pubblico moderno, i giovani di oggi crescono con altri cartoni, con altri personaggi, molto più eccentrici del Capitano, e non hanno un pugno di eroi con cui trannenersi, come avevo io, ma un centinaio. Navigati e abituati a tutto; ecco il pubblico che entra nelle sale oggi. Serviva quindi un Capitan Harloch moderno, prima di tutto tredimensionale, quindi renderizzato in computer grafica.
Per essere all'altezza con il tempi, il film si difende benissimo, l'Arcadia ha un look molto dark ma lontanissimo dal suo design originale e ogni personaggio è stato completamente rivisto, ogni deformità della ciurma è stata corretta con fichissimi character da videogame.
Purtroppo la trama è stata partorita da un amante della fantascienza e delle battaglia navali, ma non di Capitan Harloch. Ingarbugliata in molti punti, fastidiosa in altri, ridicola in diversi aspetti e un ruolo esagerato viene dato agli ologrammi, forse per coprire i buchi neri lasciati dalla storia. Senza tralasciare il finale (che non svelo) inadeguiato e irrispettoso verso il protagonista.
L'Arcadia è alimentata dalla Dark Matter (doppiarla Materia Oscura era vietato da contratto, forse) ha lo scafo che si autoripara, può viaggiare più veloce di qualsiasi altra astronave e schiva miliardi di proiettili come un ape con la pioggia.
Che gusto c'è a vederla in battaglia, se sai già che è invincibile?
Lo scopo di Harloch non è quello di salvare l'umanità, ma friggere i testicoli dei spettatori con strategie che nessuno riesce a capire e tanto per rimanere sul confuso andante; in una scena il Pirata spaziale sfoggia poteri che fanno invidia a Superman.
Niente riassunto delle puntate precedenti, niente prequel, niente connessione con i cartoni animati, solamente un carosello di azione, dialoghi, tradimenti e amicizia sviluppati da una CGI comunque buona, legati da una trama fragile che destabilizza il metabolismo dei fans della serie.
Il vecchio filibustiere che vagava tra le galassie si è trasformato di un complessato e oscuro personaggio, che risulta più pertinente all'interno di un capitolo del più recente Final Fantasy.
Capitan Harloch, quello vero, è rimasto negli anni 80

5 feb 2014

47. Morto che parla.


Ogni tanto, sulla rete compaiono notizie come questa che, leggendole anche solo da titolo, formulano nel mio esile ma frenetico testolino l'impulso di chiederm perchè mai, si debba ancora parlare di persone, in questo caso Steve Jobs, che sono defunte. Pace all'anima sua.
Jobs ha assemblato un'azienza in grado di sovvertire il mercato dei telefonini e inventare il mercato dei lettori Mp3; è stato geniale, selettivo ma soprattuto accorto negli affari e oggi non c'è più e il mondo va avanti ugualmente, Apple prosegue nel suo lavoro e il saggio di turno potrebbe aggiungere:"tutti utili e nessun indispensabile". Eppure non passa tempo che spuntano confessioni di presunti amici che aveva sentito di Jobs che desiderava un Iphone più grande, Jobs che voleva L'ipod triangolare, Jobs che voleva suonare nei Beatles. Quasi come se volessero resuscitarlo, donare un pezzo del suo genio postumo, al mondo, magari all'Italia, dove prima dell'uscita del'Iphone era un americano come quell'altro, li, come si chiama, ah si, come Bill Gates.
Un passato che, ogni tanto, torna in forma di aria fritta che farà forse sognare i fanboys di Apple.
Abbiamo ancora bisogno di Jobs?
Sono fermamente convinto dell'esistenza di altre persone dotate quando lo stesso Steve, che lavorano nello stesso settore con passione, ma ignorati dal mondo almeno fino al giorno in cui non lanceranno sul mercato un prodotto tecnologico, in grado di affascinare le folle e renderglielo necessario.
Io spero vivamente sia il teletrasporto.

4 feb 2014

Un uccello da 3 milioni di Download.


No, niente volatili da lanciare con un elastico per far esplodere dei poveri maialini verdi. In questo caso l'uccello ha un aspetto vintage con lo sguardo catatonico e enormi labbra che lui non usa, ma adopereremo noi per mandarlo affanculo, più e più volte. Giocare a Flappy Bird è molto semplice, serve un dito e uno smarphone compatibile. Anche se calcoliamo grafica vicino agli 8-bit, sonoro vicino al cicalino del citofono e un peso di seicento chilobyte, potrebbe girare anche sui Nokia di prima generazione.
Toccando lo schermo il volatile sale di quota con un battito d'ali, dovremo tenerlo perenemmente in volo perchè questo ignobile uccello, ha l'abitudine di cadere verso il basso, assoggettandosi a una banale quantomai bastarda forza di gravità. Durante il volo, eseguito con alcune ditate sullo schermo, ecco arrivare lentamente dei tubi verde, li stessi usati da Mario per farsi un giro con i suoi amici funghetti. I tubi hanno un passaggio di pochi metri in cui dovrà svolazzare l'uccello senza toccarli. La collisione con questi ostacoli vuol dire GAMEOVER, ma si ottiene 1 punto per ogni tubazione attraversata incolumi. Descritto cosi sembra un giochino per bambini semplice e antistress, da giocare mentre si fa Jogging. In realtà questa applicazione da 600Kb è un creatore di sclerate mascherato da schiacciapensieri. Fare saltellare l'uccello continuamente mette alla prova i nervi e riflessi, basta un tocco in più o uno in meno e dovremo rifare tutto da capo.
Ammetto che essendo un titolo spoglio di quei modernissimi shop a pagamento con migliorie che aiutano a fare punteggio o archievement che non servono altro a generare altri archievment, ha il grosso vantaggio che si gioca solo e unicamente per migliorare il proprio punteggio e non per seguire una chimera dalla forma di power-up che, in altri giochi, servono per ottenere ulteriori powerup. Questo Flappy Bird si può condividere nella comitiva, con frasi tipo:"Facciamo a chi attraversa più tubi!" che possono scatenare accese sfide e messaggi tra amici:"Ho fatto un punteggio di 30, ti ho battuto! SUKA!" ricevuti alle due di notte.
Questo bastardo in forma pixel ha scalato le classifiche sia dell'App Store che sul Play Store, diventando il gioco più scaricato di questi ultimi mesi. Un evento che potrebbe stupire, ma se penso che anche quel pseudo gioco da tavolo rovina-Italiano chiamato "Ruzzle" è stato un best-seller; vuol dire che nel mercato dei giochi per mobile, la logica funziona diversamente.

2 feb 2014

The Wolf of Wallstreet

PHJtcbNZVLStNR_1_m
Quando una vita è fuori dal comune e non rispecchia la normalità a cui siamo abituati nel quotidiano è buona prassi tradurla in una biografia, in genere si manleva la responsabilità a uno scrittore professionista ma, in questo caso, è Jordan Belfort lo stesso protagonista della vicenda a descrivere il suo turbolento passato in un libro:"The Wolf of Wallstreet" dove confessa in maniera diretta, sincera e autocritica la sua sfolgorante carriera, i fallimenti della borsa e i successi della sua attività; una piccola società di broker cresciuta con amici e conoscenti che in pochi anni è cresciuta cosi tanto da raggiungere i 1000 dipendenti. Con mezzi non molto legali.
Una vita di eccessi votata completamente alla droga, al denaro e alla sua acquisizione, in poco tempo e in quantità sempre più elevate. Non era tanto l'idea di essere ricchi, ma di diventare ricchissimi, potenti. Una vicenda che stupisce per quanto sia stata cosi velocemente fulgida, ma per i suoi dettagli che rivelano quanto fosse trasgressiva e deviata la conduzione di vita di Belfort e colleghi.
Martin Scorsese ha saputo tradurre il libro in una commedia immediata, dipingendo i personaggi di una ironia irresistibile e traducendo il rapporto con la droga in modo accusatorio e volutamente esagerato. Le due ore abbondanti della pellicola scorrono con piacevolezza, anche in quei momenti in cui i contorti meccanismi della borsa vengono spiegati da una narrazione leggera e da un Di Caprio che spesso e volentieri, rompe la quarta parete per parlare a noi spettatori.
I bassi e gli alti del passato di Belford sono sempre sottolineati da uno stile unico che Scorsese lega in ogni dettaglio della trama. Vera o inventata, la storia diverte, intrattiene , stupisce, disgusta, incuriosire. Ecco un esempio pratico e alla portata di tutti, di come dovrebbe essere un film biografico.
Anche se il film è vietato ai minori di 14 anni, lo spettatore comune oramai (o per fortuna?) è abituato a vedere scene anche più esplicite di quelle contenute di The Wolf of Wallstreet, grazie alla televisione. Forse per questo motivo, sesso e droga non sono un contenuto costante e imperante del film; legano eventi, sfilano veloci per risolvere un ciclo di narrazione, accentuano un momento drammatico, esaltano un momento comico, ma non camminano mai a pari passo con la storia.
Certo la vita di Belfort, penso come ognuno di voi, ha avuto modo di stupirmi, già sulla lettura del suo libro. Come può un uomo essere ancora vivo, dopo aver consumato tutta quella serie di farmaci e droghe? Penso sia una domanda che si siano fatti tutti.  L'autore, forse, ha esagerato nel raccontare la sua dipendenza, magari per fare numero o per dare un pò di pepe al tutto o forse ha avuto fortuna. Truffa e riciclaggio di denaro in questo caso, sono stati gestiti da persone che, alla fine dei conti, non erano all'altezza della situazione, troppo esaltati dalla loro condizione e dalle droghe, non è colpa della superbia se il sogno di Belford è finito; ma per l'assoluta mancanza di buon senso. Buon senso e prudenza che suo padre ha provato, più volte, di inculcargli. Altrimenti, nulla mi vieta di pensare che con una gestione delle scelte più accorta, lo stesso uomo sarebbe ancora nello stesso posto a continuare a fare miliardi su miliardi, fino al giorno in cui lo porta all'altro mondo qualche droga o qualche donna.
O forse morire di vecchiaia, la vita è strana.
Voto: 8