31 mar 2010

Il siparietto delle domande esistenziali.


Non bisogna prendere troppo alla lettera alcune domande...
Un sentito ringraziamento a Carlotta per l'accurata ricerca nel dizionario qui sopra menzionato. Grazie, grazie, grazie.

27 mar 2010

Alice in Wonderland


"Un buon non compleannnoooo a te!"
"A me?"
"A te!"
"Un Buon non compleannooOooOoOoO a te!"
"A me?"
Quanta allegria e spensieratezza nel mitico cartone della Disney, uscito molti anni fa al cinema, ancora oggi, indimenticabile. I colori, la fantasia, la storia deliziosamente senza senso. Un Cartone d'annata con una forza narrativa stupenda. Fino a ieri era l'unica maniera per conoscere le avventure di Alice, per chi non aveva tempo e voglia di leggere il racconto originale di Caroll. Ma Burton è riuscito a rinvigorire la trama in questo primo Live Action Movie?. Prima di rispondere alla domanda, è giusto approfondire il discorso trama:
Alice si sveglia da un sogno strano e si ritrova da sola nel letto, si copre il volto con le coperte, impaurita, quindi chiama ad alta voce suo padre. L'uomo arriva velocemente e chiede alla piccola:"Hai fatto il solito incubo?"
La bambina risponde con un filo di voce:"C'erano un coniglio bianco con un orologio, uno strano bruco blu e un gatto che spariva in una nuvola di fumo dopo aver fatto un sorriso strano, sono matta?"
Il padre sorride, accarezza la fronte della piccola e risponde con voce calma:"Domani diciamo alla mamma di non mettere più i peperoni nella Pastasciutta".
"Ti giuro Papy" - esclama Alice - "Era tutto cosi reale, ma non come un film, perché non ho visto i bordi del sedici noni"
"Alice stavi sognando, non ti preoccupare, domani ti alzerai e te lo dimenticherai, ora torna a dormire che ho da fare una cosa importante" e spegnendo la luce, il padre torna a discutere di tette e veline con gli amici, in salotto.
Passano gli anni e Alice cresce, diventa una bella ragazza dallo sguardo canuto, sembrerebbe anoressica ma, in quei tempi doveva essere ancora scoperta l'anoressia. La madre organizza per lei un party e, mentre sono in carrozza assieme, svela a lei gli ultimi e insignificanti dettagli.
"Ah mi sono dimenticata di dirti una cosa Alice"
"Dimmi madre, tanto siamo in carrozza e non è stato ancora inventato l'Ipod (che tempi duri) per sollazzarmi durante il viaggio"
"Oggi verrà annunciato il tuo matrimonio" - le dice la madre, quasi in sordina.
"Cosa?" - esclama Alice infiammando con lo sguardo sua madre.
"Sai, tu sei una persona cosi di carattere elevato, nobile e con modi di fare raffinato e ho pensato di farti sposare un uomo di simile levatura"
"Me Cojoni!"
"E comunque è un matrimonio di comodo e ci servono i soldi"
"Ah"
Durante la cerimonia Alice si prepara per il ballo, vestita come una bomboniera schiacciata da un carro armato, ha modo di conoscere in anteprima il suo promesso sposo e i suoi parenti prossimi. La sua futura suocera è una donna con gusti raffinati e semplici e vive in una villa costruita con i Lego. Nel mezzo della cerimonia che dovrebbe annunciare il suo matrimonio, il suo futuro sposo si inchina di fronte a lei e dice:"Alice, io sono ricco, nobile, certo mi scaccolo violentemente, ma ho anche dieci personaggi all'80 in world of wacraft, mi vuoi sposare?"
Alice scappa via, non tanto per lo scaccolarsi, quando per il poco impegno nel gioco della Blizzard. Correndo la ragazza si allontana velocemente dagli ospiti, fugge dal continuo vociare; quello è un mondo non è più suo e vuole dimenticarlo. In prossimità di un albero vede una buca, molto profonda, curiosa, si avvicina per guardare meglio ma non riesce a vederne il fondo. Per mezzo di un espediente idiota, Alice cade nel pertugio, si prende in testa un pianoforte e si ritrova in una stanzetta circolare. In questa stanza ci sono tante porte, ma nessuna è aperta, bussando nessuno apre e imprecando nessuno risponde. Sul tavolo al centro c'è una chiave e l'intelligenza della ragazza la pilota nell'impiego più logico per uscire da quella situazione. Con il tavolino sfonda una porta e esce. Il mondo in cui è capitata è strano, volano i dondoli, strisciano gli arachidi, trottano i lemuri e evaporano gli umidi. Il cielo è colore camomilla e i fiori hanno un volto umano e mangiano solo pizze Margherita. Alice viene accolta da un gruppo impossibile di personaggi; ci sono due gemelli obesi, un coniglio con l'orologio e una topolina che parla sempre di calcio.
"Dove sono?" - domanda Alice
"A Civitavecchia" - risponde il bianconiglio.
"Impossibile, ci sono stata a Civitavecchia e non è cosi"
"Ci sono stati dei lavori di urbanistica"
"Aaaah!"
Il gruppo conduce Alice in giro per quel fantastico mondo, chiedendosi se la ragazza fosse effettivamente quella che stavano aspettando e senza mezzi termini gli fanno qualche domanda.
"Ma tu sei Alice, Alice?"
"Si, certo è il mio nome"
"Ma Alice, Alice, Alice, Alice?"
"Si, si, si, si"
"Hai mai giocato nell'Arsenal?" - domanda la topolina.
Tormentandola per ora con domande inutili, continuano ugualmente ad avere dubbi sulla identità della ragazza e, dopo altre ore di consulti, decidono di condurla alla casa del Cappellaio Matto.
"Chi è?" - chiede Alice
"E' un attore famoso truccato come un tossicodipendente da Lsd e vestito come un'idiota"
"Allora ok"
Il Cappellaio, assieme a un coniglio idiota che, in tutto il film ha fatto una sola battuta bella e ha avuto anche seguito come gruppo su Facebook, prende un caffè facendo discorsi da malato mentale, tipo:"Hai visto che gnocca la Letizzetto su Rai3? sai che due colpetti ce li darei" oppure:"Non prendo mai il carrello al supermercato, impegnare un euro è sempre un rischio con la crisi al giorno d'oggi" quando compare Alice e la schiera di accompagnatori.
"Ci stavamo chiedendo" - dice il bianconiglio - "Se questa Alice è quella autentica"
"Avete provato a chiederle il cognome?" - chiede il Cappellaio
"ehm no"
"Siete pazzi" - annuncia il cappellaio versandosi del rosmarino nel thè - "Io ho buon occhio e posso dire con certezza che, questa ragazza è la vera Alice"
"Ve lo dico io!" - esclama la ragazza - "Io sono Alice, l'autentica e la sola! L'inimitabile!"
"Molto bene" - prosegue il bianconiglio - "Allora armatela e fatela combattere contro il drago Sputacazzate!".
"Vi state sbagliando, in realtà mi chiamo Franca" - Annuncia Alice, tormentandosi il vestito.
"Lo dice la profezia" - annuncia il cappellaio srotolando una pergamena infinita "Leggi tu stessa"
Sul foglio compaiono alcune gif animate dove è figurata, con disegni rupestri, una ragazza brandire un'arma e combattere un'enorme creatura.
"Le profezie son cazzate, dalle mie parti hanno fatto evacuare un paese perché Nostradamus aveva predetto un maremoto e poi non è successo un cazzo".
Il banchetto viene interrotto da un manipolo di carte blindate che, senza mezzi termini, portano via Alice e la conducono in un palazzo magnifico a forma di cuore. Viene accolta da una donna con la testa enorme e il corpo piccolo. "Fico!" - pensò alice - "Un Deformed". La regina di cuori squadra la ragazza dal basso verso il basso quindi pronuncia l'unica frase imparata a scuola:"Tagliategli la testa".
Non sa rispondere in altro modo e il suo regno ha una grande richiesta di manovalanza, i posti si liberano in poco tempo e molti settori sono costretti a chiudere per mancanza di personale.
"Cosa vuole per cena?" - chiede il cuoco.
"Tagliategli la testa" - risponde la regina.
Una persona pericolosa si, ma noiosa. Più volta ha rischiato di morire di fame. Durante i ricevimenti di gala e nelle cerimonie ufficiale i suoi monologhi risultano fastidiosi ai presenti e sono un continuo:"Tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa, tagliategli la testa".
Alice si ribella all'ingiusta sentenza:"Ma a Civitavecchia non c'è la pena di morte!". La regina ci pensa su un attimo, poi, non trova le parole per replicare, perché sarebbero sempre le solite:"Tagliategli la testa". Cosi con un gesto inequivocabile evoca una creatura che tiene segregata in cantina e tira fuori nelle occasioni speciali, proprio come un buon vino:"Il drago Sparacazzate".
Alice vede arrivare l'enorme creatura e, con lo sguardo si gira dal bianconiglio e chiede:"Cazzo faccio adesso?"
L'animale, guardando l'orologio, controbatte:"Sono le 21 e tre quarti", mentre la topolina annuncia fiera:"Spero che Balotelli, il prossimo anno, lo compri il Milan"
La creatura plana silenzisamente e, con voce neutra tipica della fonetica dei rettili, comunica:"Un daino incontra a un altro daino e assieme giocano a nascondaino".
Scavalcato con fatica mostruosa l'altissimo muro di trenta centimetri che attornia il castello della regina, compare il Cappellaio matto che urla:"Alice, questa spada ti aiuterà!"  lancia alla ragazza una gladio a forma di cilindro rovesciato, a cono, con la punta rivolta verso il baricentro. So che è difficile da immaginarla, ma questo luogo è regolamentato da leggi fisiche astratte.
La ragazza prende al volo l'arma e si avvicina al drago che, con rabbia, sbotta:"Forse non tutti sanno che; Hulk è verde perchè è arrabbiato". fendenti, colpi di lato, una lotta violenta, interminabile dove la giovane si rivela una professionista con la gladio senza aver preso neanche una lezione o non aver visto neanche un video su youtube. Il Drago spalanca una mascella e, dopo aver detto:"Gli animali a sangue caldo, quando fanno un prelievo, devono essere sfiatati" mangia Alice con un sol boccone, masticandola per benino.


Il Cappellaio matto, sorsando l'ennesima tazza di thè, si gira verso lo stupido spettatore e annuncia:"Alice aveva ragione, le profezie sono tutte cazzate". Assieme alla gang di personaggi impossibili, spariscono nelle vie di Civitavecchia, canticchiando una canzoncina idiota.
Critica:
Una pellicola dalle tinte cupe, tipica dei lavori di Burton, soppressa dalle ambientazioni fantasiose, dai personaggi precisi e delineati ad arte con l'ausilio dell'inevitabile computer grafica. Ogni singolo personaggio del libro di Caroll è azzeccato, sia nei suoi movimenti che nella caratterizzazione. La stonatura più grossolana, secondo me la si può notare nella presenza della Regina bianca, interpretata da Anne Hathaway che sembra essere l'unica attrice non ritoccata con la grafica digitale. I suoi modi esageratamente armoniosi, lenti e la sua camminata esageratamente composta, esageratamente fiera la fa sembrare un personaggio uscito da un altro film, del genere comico, degli anni '30. L'incredibile ordine del suo regno e il messaggio banale di pace della regina fa a pugni, con il contesto di spensieratezza che dovrebbe evocare il film. La motivazione del ritorno di Alice nel paese delle meraviglie non sta in piedi, un altro stupido espediente per dare un senso al seguito di una storia che, il pubblico, conosce più grazie al cartone della Disney, piuttosto che al racconto originale di Lewis Caroll. La storia ha uno svolgimento stantio, privo di particolari emozioni, le scenografie evocative in tre dimensioni sono orpelli per distrarre lo spettatore dalla mancanza di idee che tengono su la pellicola. Il non-sense del racconto di Caroll perde qualsiasi efficacia, grazie anche ai dialoghi tra Alice e le altre creature presenti nel film, lo fa pericolosamente somigliare a un'episodio della serie di Narnia, con tanto di combattimento finale tra una teenagers catapultata in un mondo in cui lei è l'eletta e un drago così idiota da farsi infiocinare dalla prima ragazzina di passaggio. Il Cappellaio matto è un personaggio marginale nel Paese delle Meraviglie, però l'interpretazione di Jhonny Deep è importante e, quindi, la sua presenza è costante nel film e le sue apparizioni sono una palese forzatura della trama che lo proietta, assieme ad Alice, sempre nel fulcro dell'azione.
Burton perde qualsiasi virtuosismo, il suo solito dark è corretto dalla politica buonista della disney è l'humor nero a cui siamo abituati si palesa in poche e inutili battutine che fanno solo sorridere. Avrei gradito, decisamente, un rifacimento della storia di Alice, piuttosto che un seguito dal contenuto labile.
Mi chiedo che,  se il film non avesse avuto questo Hype, avrebbe ottenuto ugualmente lo stesso successo, che si merita solo in parte. Indirettamente (o magari volontariamente, chissà) Alice ha ricevuto una dose massiccia di ulteriore pubblicità anche per la notizia che, la Francia, avrebbe boicottato il film per colpa della politica di distribuzione che, avrebbe visto il film nel mercato dell'home video, entro solo sei mesi dalla sua uscita al cinema. Io, se fossi stato nei panni del distributore francese, non mi sarei preoccupato più di tanto; difficilmente lo spettatore potrà tornare al cinema per spendere altri 10 euro per riguardarlo.
Commento finale:
Perché andare al cinema,inforcare gli occhialetti e vedere Alice in Wonderland? C'è chi ci andrà solo per ammirare Jhonny in una perfomance decisamente sottotono, rispetto a Jack dei Caraibi. C'è chi vorrà gustarsi i panorami in tre dimensioni. C'è il curioso che vuole osservare come è fatto il paese delle meraviglie e quello che non ha capito nulla e vuole vedere qualche scena di sesso. L'unico motivo valido per entrare in sala è quello di ammirare lo Stregatto. Peccato che si veda cosi di rado.
Voto: 3,5

Il seno viene usato per vendere i giornali...

...oppure al cinema.

21 mar 2010

Dante's Inferno (Commodore 64)


Sistema: Commodore 64
Anno: 1986
Sviluppatore: Denton Design
Casa: Beyond
Genere: Adventure Labirintico
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Qualche mese fa, Electronic Ars e Visceral Game ha fatto discutere appassionati e giornalisti grazie a un loro titolo basato sulle vicende narrate nelle prime tre cantiche della Divina Commedia, chiamato appunto Dante's Inferno. Molti oggi credono, a torto, che questa moderna trasposizione digitale dell'Inferno Dantesco sia la prima e unica comparsa nella storia dei videogame. Nel 1986 una semi sconosciuta software house, la Denton Design, produce e programma, senza molta pubblicità e un eccessivo impegno, una sua versione di Dante's Inferno distribuendola per le due piattaforme che, ai tempi, andavano per la maggiore: Commodore 64 e Zx Spectrum. Un adattamento che non ha avuto molto seguito e pochi se lo ricordano ancora oggi, se noi stagionati videogiocatori degli anni 80 è capitato di giocarci è stato solo per puro caso; magari trovandolo incluso in una di quelle Compilation di cadenza mensile che, in quegli anni, abbellivano i lati meno illuminati delle edicole italiane.
Armiamoci di coraggio e carichiamo il titolo, così avremo la fortuna di conoscere i semplici comandi, grazie a una breve spiegazione, in inglese. Nella successiva schermata vi è descritto lo scopo del gioco, alcune note sull'ambientazione, la descrizione sommaria di tutti e sette i gironi e altri ulteriori dettagli che, al giocatore medio, non interessano e, anzi, non vede l'ora di saltare premendo il tasto RUN/Stop.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi che entrate.

Per fortuna che c'è Wikipedia per aiutarmi a trovare i versi giusti della Divina Commedia da abbinare alla recensione, altrimenti dovrei fare affidamento alla mia pessima memoria e menzionerei, per errore, qualche verso della sigla dei Pokemon. Ma bando alle ciance e premiamo il tasto fire del joystick nella porta due e iniziamo a giocare.
Questa volta vestiamo gli umili panni di un pellegrino che dovrà attraversare tutti e sette i gironi dell'inferno, per poter così raggiungere il purgatorio, luogo in cui potrà finalmente tornare a rivedere le stelle, giocare a poker e parlare di donne con gli amici. Il percorso è un banale dedalo di strade, abbellito con una rappresentazione molto libera e "fantasiosa", delle creature descritte da Dante. Il pellegrinaggio nella città dolente inizia in un desolato Limbo, dove è possibile raccogliere due oggetti: un sacco di monete e una corda che saranno utili nel proseguimento dell'avventura. Dante Inferno non è solo una camminata spensierata nelle profondità della terra, ma ha qualche elemento (uno) dell'avventura grafica, giusto per farci tribolare con il titolo il più del dovuto. Per raccogliere gli oggetti basta tenere premuto il tasto fuoco e la direzione su del joystick, quando si è in prossimità di questi, l'inventario è molto ristretto e non si possono portare più di due oggetti alla volta. Questo significa che, se abbiamo l'inventario pieno e troviamo un altro oggetto, non possiamo prenderlo sinché non ne poseremo a terra uno (tenendo premuto fuoco e abbassando il Joystick ), senza domandarci chi, nell'inferno, sia cosi sbadato da lasciare in giro questi ninnoli. Gli oggetti si utilizzano tenendo premuto il tasto fire e, quindi, muovere il joystick a destra o a sinistra, in corrispondenza dello spazio occupato dell'oggetto nell'inventario. Attraversato il limbo, scendendo dentro un buco nel terreno, il pellegrino inizia il suo viaggio nelle profondità dell'inferno evitando il primo e sorprendente ostacolo: una nuvola di api. Tempestivamente possiamo chiedere un passaggio a Caronte, che naviga solitario in circolo sulle rive dell'Acheronte, usando il sacchetto di soldi raccolto prima.
Il viaggio prosegue e la camminata che compie il protagonista, nelle viscere infernali, è meno emozionante di una partita di Curling. I pochi nemici che si incontrano sono di varia natura e, alcune volte, poco ci azzeccano nel contesto del Girone Dantesco in cui sono inseriti, come i Cani neri nel cerchio dei Lussuriosi o la Medusa nel girone dei Violenti. Nella maggior parte delle volte dovremo evitarli pacificamente, mentre, se avrete la fortuna di raccogliere una delle croci bianche, sparse per il labirinto che, se utilizzata, annienterà tutti i nemici nelle vicinanze devastando, ulteriormente, la poca vita nelle vie dell'inferno.
Il viaggio si conclude una volta incontrato Lucifero in persona che, statico come un quattordicenne davanti a una cubista seminuda, ci permetterà di scendere lungo il suo corpo peloso e raggiungere, finalmente, il Purgatorio e concedere al gioco il suo attimo di gloria prima di lasciarlo, nuovamente, nel limbo dei videogame dimenticati.
Salimmo su, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

La grafica del gioco è rinchiusa in un rettangolo a centro schermo che ne occuperà, ad occhio, il 40%.
Il resto dello spazio è impegnato per segnalare il punteggio, lo Score più alto in classifica (ammesso che qualcuno ci giochi più di una volta), gli oggetti nell'inventario e il tempo rimanente, espresso in giorni. Come aggiunta, nell'intento di ottenere qualche briciolo di atmosfera in più, a bordo schermo scorrono scritte a mò dei Titoli della borsa nel telegiornale del mattino, che nel corso del nostro interminabile percorso, condiranno il gioco con alcuni versi della Divina Commedia. Questo è l'unico dettaglio che avvicina il titolo al poema Dantesco.
Il resto dello schermo, se può interessare, è occupato dal buio. Il protagonista sembra un frullato di pixel, riuscito male, tra Fred Flintstone e Dave Miller di Maniac Manson, scandisce incerti passi con pochi frame di animazione e non gli è consentito di muoversi in diagonale, questo si traduce in manovre scomode e robotiche peggiori di Frog e Dig Dug, per fare due nomi a caso. Gli oggetti interattivi sono monocromatici, piccoli e spesso si confondono nello scenario minestrone. L'idealizzazione dell'inferno dantesco è scandalosa, non per colpa delle limitazioni hardware del Commodore 64, quanto per le limitazioni creative del programmatore. Ogni girone ha associazioni di colori grotteschi e molti elementi che contornano lo scabroso paesaggio sono inguardabili. Si capisce perché si è scelto di limitare la visione del gioco, in un minuscolo rettangolo. Gli sprite delle creature infernali, Caronte compreso, sono disegnati pietosamente, tanto da faticare a identificarli e si muovono spaesati in traiettorie ordinarie e sclerotiche. In questo mosaico di tristezze, la qualità del titolo è minata da una giocabilità tutt'altro che facile. Il Gameplay di Dante's Inferno è una caccia al tesoro, dove devi trovare l'unica strada giusta, usare l'oggetto giusto, nel punto giusto, senza nessun tipo d'aiuto o indicazione. Se ce ne sfugge uno e siamo avanzati di qualche girone, non è possibile tornare indietro e bisogna far fronte a un tempo limitato. Inoltre, c'è solo una vita a disposizione e, una volta morti, si dovrà rifare tutto dell'inizio senza possibilità di continuare, maledicendo tutte le anime dell'inferno.e
Ogni secondo passato in questo incubo digitale è ossessionato da una musica classica di natura sconosciuta e interminabile che, più ci si addentra nelle profondità degli inferi, più questa varia in tonalità e velocità; raggiunge apici cosi osceni che avremo modo di invidiare i dannati del girone dei suicidi. Per salvare le nostre orecchie da questo tormento acustico o abbassiamo il volume oppure ascoltiamo un disco di Marco Masini e rendiamo grazia al cielo che gli effetti sonori non sono presenti.
L'intero gioco, con soluzione in mano e molta voglia di portarlo a termine, potrà strapparci via sui sei minuti di puro tormento. Una volta giocato o anche solo provato, avrete modo di comprendere il perché, Dante's Inferno della Deton Design, non ha un posto nella memoria storica collettiva dei videogame.
Commento Finale:
Grafica scandalosa, giocabilità che richiede una pazienza più che Divina, sonoro da abbassare, un titolo che è stato maltrattato dalle riviste del settore, nei tempi del suo Day One. Forse, lo scopo di Dante's Inferno è quello di far provare ai giocatori, nella maniera più realistica possibile, il tormento delle anime condannate in una supplizio infinito, perché, ci riesce benissimo. Le anime del giocatore, sono destinate a soccombere nella sofferenza, finché si tormenteranno in questo antro digitale di tribolazione.
Lasciate ogne speranza, voi che giocate.
Voto Retrogame:

13 mar 2010

Forbiddent Forest (Commodore 64)



Nome: Forbidden Forest
Software House: Us Gold / Cosmi.
Piattaforma: Commodore 64
Genere: Survival Horror
Una foresta fitta avvolge il panorama, un fitto muro di alberi e foglie, una pallida luna piena sovrasta la volta celeste, quand'ecco che succede qualcosa. Un drago rosso, anche se sembra più un grasso serpente dotato di ali; attraversa alcune volte il cielo, velocemente, quindi si avvicina, minaccioso; note musicali raggiungono un'elevazione grave e drammatica. Un introduzione molto semplice ma efficace, dove il titolo del gioco appare a centro schermo, con uno stile visivo che ricorda vagamente le sigle iniziali film horror degli anni '50.
Neanche il tempo di perderci nelle opzioni, inesistenti, che siamo immediatamente catapultati nell'azione e, senza ulteriori indugi, iniziamo a giocare. Comandiamo un uomo armato di arco e frecce, perso nella foresta proibita, che deve difendersi da una serie di mostruose creature. La difficoltà è progressiva e, ogni ondata di mostri devastata, è intervallata da una simpatica danza, compiuta dal prode arciere. Si inizia con enormi ragni neri, api ubriache dal sorriso malsano, rospi grandi come frigoriferi e pesanti in egual maniera, compare quindi il drago visto nella breve presentazione che, inaspettatamente, non ha il ruolo del mostro finale. E' il turno di un'armata di scheletri armati di lancia, che per sconfiggerli definitamente è sufficiente colpire il fantasma che li controlla e che appare in punti casuali dello schermo. Giunge nell'oscurità, quindi, un cobra gigante, tanto grosso quanto facile da colpire. Infine, l'ultimo nemico che ci separa dalla fine del gioco è una creatura spietata, malefica e minacciosa:"Il Demogorgone!". Un incrocio tra, un pipistrello e un barbagianni, mi piacerebbe essere più preciso nella sua descrizione, ma nell'unico sprite, privo di animazioni presente in game, non è possibile ricavare altre informazioni.
Per uccidere questa creatura serve abilità, prontezza di riflessi e una buona mira, in altre parole, bisogna sparare a caso e sperare di colpirlo nel punto giusto. Per non spoilerare ulteriormente, scriverò il finale del gioco in fondo alla pagina, se siete curiosi di saperlo e non avete voglia di mettere mano su questo titolo, potete sempre andare in fondo e leggerlo.
I comandi non sono il massimo della comodità. Il personaggio, posizionato sempre nel centro dello schermo, per spostarsi in una delle due direzioni (destra e sinistra, per la precisione) compie una lenta rotazione di 180 gradi, che serve anche come mira per la linea di tiro, per colpire i bersagli bisognerà, quindi, inclinare il coraggioso eroe della corretta angolazione e fare fuoco. Ogni freccia usata dovrà essere nuovamente incoccata nell'arco tempestivamente, perché i mostri non aspettano nessuno e non vedono l'ora di trasformare l'eroe in crocchette per gatti.
Le vite a disposizione sono quattro e una volta terminate, potete dire bye bye al fantastico finale (che ricordo è scritto in fondo alla recensione) ricominciando a giocare dall'inizio, riinziando a sparare ai quei deliziosi ragni giganti.
Forbbiden Forest ha il pregio di essere stato il primo Survival Horror della storia dei videogame (almeno nella ludoteca del Commodore 64), questo in un periodo dove la definizione di:"Survival Horror" doveva ancora essere scritta. Possiede ogni elemento idoneo nel catalogarlo nel genere; scene gore, atmosfera cupa che va mano a mano in crescendo, ambientazione oppressiva, mostri grotteschi e il protagonista è da solo, contro un mondo malvagio. Senza contare l'ostilità dei comandi, che riconosciamo in titoli dello stesso genere, dei giorni nostri (chi ha detto Resident Evil 5?)
Per il periodo della sua uscita (circa 1985), la grafica di questo game è stata qualcosa di coinvolgente e strabiliante. Anche se gli sprite sono composti da immensi pixel e le loro animazioni scarne, il contesto Gore nel cui sono inseriti, non fa che accentuare la natura horror/splatter del titolo. L'ambientazione grezza è immutabile ma arricchita da uno scrolling in parallatico che dona un briciolo di profondità alla fitta e interminabile vegetazione. Della serie; come creare un ottimo climax in pochi bit.
Giudizio:
Semplice nel concetto, già dall'introduzione ci si era immedesimati nell'ambientazione, ogni passo all'interno della foresta proibita era un'emozione, ogni nemico affrontato un tuffo al cuore, ogni morte del protagonista uno sproloquio di insulti. La vittoria finale; il tripudio dei sensi.
Forbidden Forest non supera di dieci minuti di gioco continuativo ed è comunque facile raggiungere l'incredibile scenetta finale (ricordo ancora una volta, l'ho descritta a fondo pagina) senza la pretesa di spiegare tutto al giocatore, la mancanza di trama è ininfluente.
Anche se l'eroe che noi pilotiamo è un costrutto di Lego, anche se il più delle volte non riusciamo ad angolarci dalla parte giusta, anche se spesso ci sembra di camminare in un'enorme insalata, anche se il protagonista non ha nome e neanche un volto, Forbidden Forest rimane un piccolo gioiello presente nel ricco forziere del Commodore 64, che brilla di luce propria e che ogni retrogamer dovrebbe provare, almeno una volta.

Voto scimmia:


(Spoiler) Finale: Il protagonista balla.

10 mar 2010

Il Transpupazzo di neve.


Se qualcuno avesse mai avuto dubbi sulla sessualità del pupazzo di neve, oggi, grazie a una nostra creazione, abbiamo sfatato un mito; il pupazzo non è maschile ma trans. Come dimostra la foto di cui sopra.

9 mar 2010

CRONACA VERA

Monaco Accende Forno con il suo Alito



Si sa poco dei Monaci Buddisti, ma quello che noi tutti intuiamo e sospettiamo è che sono in possesso di incredibili poteri che, questi glabri e simpatici uomini, ostentano a usare per via della loro rigorosissima religione. Si sa infatti che, oltre a vivere oltre i duemila anni e nominare il proprio superiore su reincarnazione, i buddisti possono volare, piegare con le mani il mercurio, resistere a bassissime temperature senza alzare il termostato della caldaia e non mangiare gli stuzzichini associati l'aperitivo. Per mezzo di questi incredibili poteri, essi possono sopravvivere nel loro paese dalle condizioni climatiche avverse e compiere lunghi tragitti senza spendere un soldo per i trasporti pubblici. Senza contare che sono in grado di ottenere forti sconti nei negozi di abbigliamento, sconti che non sfruttano mai e questo spiega i loro scarni vestiti. In questo rarissimo documento, pubblicato sul sito di Ansa con una notizia assolutamente falsa, si può vedere un distinto monaco buddista, di spalle, mentre accende il caminetto a legna con una vampata incandescente, prodotta solamente con la forza del proprio fiato. Negli ultimi tabloid del Tibet sono state pubblicate ulteriori notizie dove viene evidenziata la loro inossidabile amicizia con gli Alieni, che usano per diffondere nell'universo il loro motto di vita:"Viva la budda femmina!"

7 mar 2010

"Real fuking life" Nei telefilm

Ogni giorno, noi umani, abbiamo a che fare con una forza estremamente potente che ci circonda e, nello stesso tempo, ci unisce in un'unica famiglia universale. Non sto parlando della: "Forza" di Guerre Stellari illustrata con maestria dal Maestro Yoda o qualche altra forma mistica di potere, ma della Realtà. La realtà in cui viviamo è spietata, senza regole e senza giustizia. Neutrale nei nostri confronti, anche se molti pensano di averla contro e che sia nata con il solo scopo di ostacolarci, essa è presente in ogni attimo della nostra vita, senza mai lasciarci. Non possiede nessuna continuità e non favorisce nessuno; la realtà è spietata e non guarda in faccia nessuno quando deve fare il suo lavoro. Imprevedibile nella sua onnisciente volontà, muta le sue condizioni da un momento all'altro e ci spiazza per le sue trovate che, spesso, non sono per nulla attese. Nella stragrande maggioranza dei telefilm (anche film, ma oggi preferisco prendere come vittima questi prodotti per la televisione), le regole che argomentano la trama, sono pilotate da uno sceneggiatore indottrinato, giustamente, a divertire, stupire, incuriosire lo spettatore e, inevitabilmente, seguono regole ben precise bypassando le rigide dottrine della realtà.
Non possiedono punti morti, il protagonista è sempre vestito bene, anche se indossa un pigiama, quando è al telefono riattacca senza salutare, non lo vedi mai pagare il conto del ristorante (a meno chè non venga rilevato un dettaglio utile per la trama) e compie spostamenti di tempo e spazio, durante la pubblicità. Inoltre nei dialoghi non ci sono tentennamenti, anche nei momenti incerti, nessuno ostenta difficoltà a trovare una replica che comunque deve essere pronunciata in tempi brevissimi, perchè il tempo già è prezioso nella vita reale, figuriamoci in un telefilm che dura mezzora.
In questa mia elucubrazione nata per caso mentre accarezzavo il gatto (ebbene si, il felino è la mia musa) cerco di analizzare alcuni telefilm sotto un'ottica conforme alla realtà quotidiana, senza molti colpi di scena escludendo il genere Giallo/investigazione/poliziesco che possiedono quei soliti cliché incredibili che possono essere riassunti cosi; Le donne cadavere sono tutte belle, il colpevole viene sempre trovato e condannato, lo stesso colpevole è cosi pirla da confessare sempre il suo delitto se messo alle strette e a Cabot Cove (il paese di Jessica Flecher) il numero degli abitanti dovrebbe essere ridotto a poche unità.
Ecco quindi un breve elenco di tutti quei telefilm che, a mio giudizio, potrebbero risultare diversi se ridisegnati nell'ottica della stessa realtà che, dal mattino sino alla sera, notte compresa, ci tiene compagnia tra gioie e dolori.
A-team:
10 anni fa gli uomini di un commando specializzato operanti in Viet-nam, vennero condannati ingiustamente da un tribunale militare. Rimasero nel carcere di massima sicurezza, sino a scontare l'intera pena, uscendo oramai anziani e pronti a infinite code in posta e divertenti, quanto patetici, pomeriggi davanti alla televisione, oppure al bar a giocare a briscola davanti a un bicchiere di sanguinella. Fine. Non sarebbe neanche iniziato, perchè primo uscire dal Viet-nam non è mai una cosa piacevole e non credo che, sopravvissuto a un inferno simile, possiedi ancora lo spirito da vendicatore, facendo le spiritore e girando come un idiota per l'america a fare favori agli altri, non retribuiti, assieme a un compagno malato di mente. Secondo perchè da cercere di MASSIMA sicurezza non penso sia cosi facile evadere.
Baywatch (1989):
Un gruppo di bagnini delle spiagge della california, nella loro quotidianità, sono spesso al centro di situazioni pericolose che rendono il loro lavoro più movimentato, dovendo aiutare molte persone che, nelle loro spiagge, creano situazioni ogni puntata, sempre più pericolose. Ora, non sono mai stato in california e non mi sono mai preso la briga di informarmi sul lavoro dei "baywatch" americani, ma non penso che la vita reale debbano affrontare, ogni giorno; rapinatori, ladri, terroristi, attacchi biologici, squali assassini, assassini, saltimbanco malefici, urinatori impazziti, forze mistiche, gare clandestine di Quad.
Io vivo in una località balneare e, penso, che la vita del bagnino:"baywatcher" americano sia similare a quella dei nostri liguri. Le spiagge saranno diverse, decisamente più grandi e ampie, magari non con cosi tanta gnocca come si vede nel telefilm (a detta da alcuni amici che ci sono stati, le balene ci sono anche in America) comunque è un lavoro impegnativo, ma non cosi movimentato. Il massimo dell'emozione che potrà impegnare l'operatore balneare, sarà quella di salvare l'anziano che sta per affogare a poche bracciate dalla riva, oppure contrastare un'inarrestabile di ondata di morsi di meduse consigliando il bagnante come curare quel fastidioso dolore, oppure sgridare un gruppo di trenta bambini che, in quel momento, stanno distruggendo con i loro salti,  la boa gonfiabile collaudata per dieci. L'unica cosa che posso credere sia più interessante, sia la vita sessuale dei Baywatch; in ogni caso sono fatti loro.
Batman (1966):
Troppo facile...
Walker Texas Ranger (1993)
Il telefilm che ha lanciato Chuck Norris nel favoloso mondo dei tormentoni e rendendolo, più che un'icona dell'uomo duro, un nuovo soggetto per le barzellette dopo i Carabinieri, le Suore e Pierino. Anche in questo caso, non sono documentato sulla vita di un Texas ranger, ma non credo che nella realtà questi agenti dell'ordine, girino per il loro paese ad arrestare i criminali con calci e pugni, con rispetto parlando per Norris.
Il Commissario Rex:
Una squadra omicidi tedesca investiga sui maggiori delitti avvenuti facendosi aiutare da un simpatico Pastore Tedesco addestrato per questo genere di situazioni e sempre pronto in qualsiasi evenienza. A parte il fatto che i Pastori Tedeschi, avranno si un gran fiuto, ma non penso siano capaci di rintracciare un'auto annusando la targa che ha perduto per strada. Al massimo il cane può essere d'aiuto a individuare droga, trovare la gente sotto la neve, ma non credo sia efficace contro terroristi o in grado di fare da spalla in una sparatoria. E il bello che l'hanno fatto pure commissario, come se potesse riconoscersi in quel rango.
Mc Gyver (1984 sino al 1994):
Direttamente da Wikipedia:"MacGyver è un agente della Phoenix Foundation, un non precisato organo governativo che opera in vari campi e le cui missioni sono spesso top-secret. MacGyver è un agente atipico: detesta le armi, è altruista, positivo, non fuma e non fa uso di alcolici, è dotato di un certo humour e sa sacrificarsi per gli amici, ai quali cerca sempre di dare il buon esempio. La sua preparazione in campo scientifico gli consente di creare vari espedienti geniali con cui se la cava in ogni situazione".
Prima missione, non usa armi, in ogni situazione trova sempre il modo giusto e gli ingredienti giusti per costruire un'arma/trappola posticcia in grado di risolvere la situazione, non solo, riesce anche a ottenere il tempo necessario per fabbricarla. Questo, in termini di realtà, significa che questo agente della Phoenix è inutile quanto una pala Eolica sulla luna. Mc Gyver finirebbe crivellato davanti al primo nemico dotato di pistola, beccato in flagrante dentro un magazzi, mentre tenta di assemblare una catapulta con delle corde e due scatole di cartone. Con buona pace al suo pacifismo, ma se aborri l'uso delle armi, non vai a fare l'agente per una società che opera anche contro il terrorismo, piuttosto iscriviti a Green Peace. Pirla.
The O.C. (2003/2007)
Ryan aiuta il fratello a rubare una macchina e, siccome sono entrambi molto scaltri e abili, vengono arrestati e sbattuti in carcere immediatamente. L'avvocato Sandy Cohen (ma Sandy non è un nome di donna?) riesce a farlo scagionare e, non solo, lo adotta ospitandolo nella sua enorme villa, in compagnia di sua moglie e di suo figlio nerd chiamato;"Seth". Anche in questo caso, nella realtà questo telefilm non sarebbe neanche iniziato perchè, una volta in carcere, Ryan ci sarebbe rimasto e, il suo avvocato d'ufficio, non sarebbe stato cosi clemente da liberarlo e ospitarlo nella sua casa, facendogli usare pure la piscina. Ma si sarebbe congedato con una bella pacca sulla spalla e un caloroso:"Cosa vuoi che siano 3 anni di carcere? poi quando esci sei più adulto è una maniera per crescere! Arrivederci!".
DR. House Medical Division (2005 sino a oggi):
House è un medico estremamente bravo nel suo lavoro, scrupoloso e intelligente, il suo carattere chiuso e scorbutico produce una serie infinite di conflittualità tra i suoi colleghi e gli stessi pazienti che, in ogni caso e con intuizioni più che geniali, verranno curati perfettamente dal dottore che sarà in grado di congedarli con un cortese:"vada a fanculo". La sua metodologia in campo medico è nello stesso tempo, affascinante e anticonformista, cosciente che la sua professionalità è superiore a qualsiasi medico all'interno dello stesso reparto, Doctor House millanta a tutti la sua infinita conoscenza che, dai suoi colleghi, viene sempre ostacolata da quello o quell'altro dettaglio medico o patologie che solo i dottori sanno comprende e noi, umani, non ci resta che guardare spensierati, aspettando con il nostro beniamino non dimostri di avere ragione, resuscitando il malato.
Un personaggio del genere non potrebbe durare un attimo nella realtà, un pò lo sappiamo tutti, in ogni campo e in ogni ambito lavorativo se non lecchi un pò il culo non fai strada e, in genere, i medici che sono in grado di curare patologie che altri dottori non riescono, non vengono riconosciuti dall'ordine medico come validi e rimangono a fare il loro lavoro nell'anonimato, soli, reietti in qualche clinica in culo al mondo. Doctor house è il medico che tutti noi vorremo avere, ti dice le cose come stanno in faccia e se ti rimangono 2 mesi di vita non ha difficoltà a dirtelo:"in sessanta giorni ne hai di cose ancora da fare, puoi ancora divertirti prima di parlare del tempo con Caronte", ma è anche il dottore che nessuno di noi vorrebbe ascoltare.
Un sentito ringraziamento a Carlotta per avermi suggerito alcune idee.